Abbiamo appreso che, oltre alle numerose denunce di cui è fatto sistematicamente oggetto, Eduardo Sorge, militante del Laboratorio politico Iskra, membro dell’esecutivo nazionale del Si.Cobas, nonché uno dei portavoce del movimento dei disoccupati 7 novembre, sarebbe indagato con l’accusa di associazione per delinquere. Se la notizia dovesse concretizzarsi in un atto formale, ci troveremmo di fronte alla formulazione di un reato associativo. Non si può entrare nel merito di un’indagine di cui si sa ancora troppo poco, ma è evidente il suo significato politico: la lotta contro i licenziamenti, per gli aumenti salariali, contro le condizioni di sfruttamento, per il lavoro ai disoccupati, genera in questa fase del ciclo economico del capitale, allarme sociale, che può diventare un problema di ordine pubblico.
In effetti, l’art. 416 del c.p. che regola il reato di associazione per delinquere è volto proprio a tutelare l’ordine pubblico. La sua ratio viene individuata nella circostanza che l’organizzazione criminosa (si deve essere almeno in tre, per questo immaginiamo che ci saranno altri militanti colpiti da analogo provvedimento) crea di per sé allarme sociale, indipendentemente dalla commissione dei delitti.
Il solo fatto di associarsi per lottare contro il peggioramento delle condizioni del proletariato e di altri strati sociali, crea di per sé allarme sociale. Il solo fatto che un movimento di disoccupati lotti per avere un lavoro in una fase in cui aumentano i disoccupati, crea di per sé allarme sociale. Non ci meraviglia. Sappiamo bene che l’ordinamento giuridico non è altro che la volontà della classe dominante codificata in leggi.
L’astrattezza giuridica mistifica gli aspetti oggettivi della società borghese, attribuendo “colpe” e dispensando “punizioni”. Salari bassi, morti sul lavoro, sfruttamento, licenziamento e disoccupazione, tutti elementi connotanti il ciclo economico del capitale, non possono avere spazio nella normazione penale. Ciò che deve essere sanzionato è il comportamento di chi ritiene che ci si debba associare (possibilmente in maniera duratura nel tempo), o ad esempio organizzarsi per resistere alla disoccupazione e reclamare un lavoro.
Lo scopo di difendersi reiteratamente diventa scopo criminoso. Non si tratta di delitti specifici già commessi o che devono essere commessi, è l’associarsi in quanto tale, per fronteggiare la crisi economica – al di là dell’indeterminatezza di questo o quel programma – che permetterebbe alle procure di distinguere la fattispecie criminosa. Il “disoccupato che si organizza sui propri interessi” in un ciclo economico non espansivo può diventare così un “criminale”, perché lotta insieme ad altri. Come individuo può transitare da un centro per l’impiego all’altro, partecipare individualmente a un percorso di “politica attiva” in cambio di un sussidio di Stato, può fare la fila alla Caritas, ma non può associarsi con altri per reclamare un lavoro. Non si può “strappare” un lavoro con la lotta, lo si può solo “ricevere” alle condizioni imposte dalle classi superiori, o accettare un sussidio di povertà elargito dallo Stato.
È evidente il carattere preventivo di una simile indagine penale – un sondaggio e un monito al tempo stesso – da parte degli organi della democrazia imperialista: da un lato la promessa di tavoli per affrontare determinati nodi, ministri, sottosegretari, parlamentari, consiglieri comunali e municipali, che si rendono tutti disponibili nei rituali istituzionali, stantii quanto farlocchi; dall’altro, arresti, denunce, manganellate e l’ennesima scure dell’indagine penale e di una possibile accusa di reato associativo. Lo Stato borghese, con il quale a volte – in una fase di estrema debolezza della classe – ci si rapporta illudendosi che possa elargire benefici al proletariato, è un organo che, per quanto apparentemente separato dalla società, nei fatti cura gli interessi della borghesia nel suo insieme, esercitando con la violenza del diritto e con il diritto alla violenza il dominio della sua classe. Esso svolge sempre sia la funzione del “poliziotto buono” che quella del “poliziotto cattivo”, e lo fa utilizzando tutti gli strumenti coercitivi a sua disposizione, dispensando, di volta in volta, pene e offerte di collaborazione, repressione e incentivi per piccole e grandi camarille, intimidazioni e cooptazioni.
Lo Stato borghese sa essere spietato e inclusivo, a seconda delle circostanze e convenienze, purché gli operai continuino a mantenere con il loro lavoro tutto il baraccone sociale, inchiodati alla loro schiavitù.
Senza nascondere o nasconderci la diversità di impostazione politica che ci separa, esprimiamo la nostra piena solidarietà a Eduardo Sorge e a tutti i militanti colpiti dallo Stato della classe dominante.
Circolo internazionalista “coalizione operaia”