
A Revolutionary Parable on the Equality of Men, in Archiv für Sozialgeschichte, n. 3, 1963, pp. 291-293. Traduzione di Rostrum (febbraio 2025) pubblicata sul n. 122 di Prospettiva Marxista, marzo 2025.
I biografi del grande poeta ucraino Taras Ševčenko ci raccontano una storia interessante sulla sua propaganda rivoluzionaria tra i contadini ucraini nel 1845. Ševčenko voleva dimostrare il potere del popolo ai servi riuniti nelle locande dei villaggi. Per farlo, posò un chicco di grano sul tavolo e chiese ai suoi ascoltatori: «Che cosa rappresenta questo?» Poiché il suo pubblico non era in grado di indovinare, spiegò che il chicco rappresentava lo zar. Aggiungendo altri chicchi, precisò che questi rappresentavano i governatori e altri funzionari, gli ufficiali dell’esercito, i proprietari terrieri e la nobiltà. Infine, tirò fuori dalla tasca una grossa manciata di chicchi e li rovesciò su quelli che erano già sul tavolo, dicendo: «Guardate, questi siamo noi! Ora potete dirmi chi è lo zar, il governatore o il proprietario?».
Secondo un’altra testimonianza, Ševčenko usava anche delle nocciole nella sua propaganda. Riempiva il suo berretto di pelliccia di cereali e vi metteva alcune nocciole, spiegando che queste ultime rappresentavano i proprietari terrieri, i generali, i ministri e, con essi, lo zar. Poi scuoteva violentemente il berretto e le nocciole finivano sul fondo. «Ecco – diceva – cosa accadrà ai proprietari ed allo zar».[1]
L’autenticità di questa storia è stata contestata da diversi autori ucraini. Secondo loro, si tratterebbe solo di una leggenda diffusa dai proprietari polacchi in Ucraina, che volevano screditare Ševčenko presentandolo come un demagogo. Il ricercatore e poeta ucraino Ivan Franko ha affermato che la parabola rivoluzionaria attribuita a Ševčenko presentava somiglianze troppo forti con la propaganda egualitaria condotta dai rivoluzionari polacchi tra i due moti nazionali del 1830 e del 1846. Come esempio, cita la proclamazione Istruzioni per gli educatori del popolo ruteno, in cui il democratico polacco Kaspar Cieglewicz invita i contadini ucraini della Galizia a sollevarsi contro le autorità, facendo leva sulla loro superiorità numerica rispetto ai loro oppressori. Quest’ultimo argomento, afferma Franko, avrebbe potuto facilmente condurre ai metodi di propaganda attribuiti a Ševčenko[2].
Franko non sapeva quanto si stesse avvicinando alla verità storica con la sua spiegazione. Egli non aveva accesso agli archivi del governo austriaco, in cui ho trovato, 40 anni dopo, un rapporto della polizia sulle attività rivoluzionarie di K. Cieglewicz. Il direttore della polizia della capitale galiziana Leopoli (Lemberg), Sacher[3], racconta in questo rapporto come, nel 1838, Cieglewicz abbia usato nella sua propaganda tra i contadini la stessa parabola che si trova nella biografia di Ševčenko[4]!
Passiamo ora ad altri esempi della ricorrenza di questa parabola. Essa compare anche, ad esempio, nell’autobiografia di Leon Trotsky, La mia vita, con la differenza che viene usata mezzo secolo dopo (nel 1897) dai rivoluzionari russi in Ucraina e che al posto dei chicchi di grano vengono usati i fagioli. Trotsky ci parla della sua prima conoscenza operaia, l’elettricista I. A. Muchin, a Nikolaev:
Il giorno dopo eravamo in un’osteria, in un gruppo di cinque o sei. La musica di una macchina automatica faceva un gran rumore attorno a noi, nascondendo la nostra conversazione a orecchi indiscreti.
Muchin, magrolino, con un pizzo a punta, strizzava malignamente l’occhio sinistro e guardava amichevolmente, ma non senza preoccupazione il mio volto senza barba né baffi, e mi spiegava dettagliatamente, con pause ben calcolate:
«Per me il vangelo è in questa faccenda come un amo. Comincio con la religione e finisco con la vita. Qualche giorno fa, con dei fagioli, ho rivelato a uno stundista[5] tutta la verità»
«Come, con dei fagioli?»
«È molto semplice. Metto un fagiolo sulla tavola, è lo zar; attorno, altri fagioli, sono i ministri, i vescovi, i generali, poi i nobili, i mercanti; e il mucchio di fagioli è il popolo. E poi chiedo: dov’è lo zar?
«Quello indica il punto centrale.
«Dove sono i ministri?
«Indica i fagioli attorno al fagiolo che stava in mezzo.
«Proprio come ho detto io» e l’altro consente. «Ma aspetta… ora aspetta…»
Chiude del tutto l’occhio sinistro. Una pausa.
«Ecco, con la mano mescolo tutti i fagioli… Ebbene, chiedo, dov’è lo zar? dove sono i ministri? Come fare – replica quello – non si distinguono più… È proprio quello che dico io, non si distinguono più… Basta mescolare i fagioli…»
Ascoltando Ivan Andreevič sudavo dall’entusiasmo. Questa era la verità e noi ci avevamo arzigogolato sopra, avevamo cercato di capire senza risultato. La macchina automatica continuava a suonare: eravamo in piena cospirazione. Ivan Andreevič, con i suoi fagioli, distruggeva il meccanismo delle classi: propaganda rivoluzionaria…[6]
I tre esempi che ho citato finora (Cieglewicz nel 1838, Ševčenko nel 1845 e Muchin nel 1897) si sono verificati in Ucraina. Tuttavia, almeno un caso simile è stato segnalato dall’altra parte dell’Oceano Atlantico, sull’isola di Haiti. Uno degli storici della rivoluzione di Saint-Domingue racconta come il celebre generale nero, Toussaint Louverture, sollevò la popolazione nera dell’isola contro i proprietari terrieri bianchi:
Per essere meglio compreso, parlava loro in parabole; spesso usava questa. In un vaso di vetro pieno di chicchi di mais nero, mescolava alcuni chicchi di mais bianco e diceva a coloro che lo circondavano: Voi siete il mais nero, i bianchi che vorrebbero asservirvi sono il mais bianco. Agitava il vaso e, presentandolo ai loro occhi affascinati, esclamava ispirato: «Guetté [7], blancs ci-là-là», ovvero: Guardate cos’è il bianco in confronto a voi.[8]
La coincidenza tra questa storia di Toussaint Louverture e la propaganda rivoluzionaria in Ucraina è certamente sorprendente. Si potrebbe forse affermare che uno dei numerosi rifugiati polacchi emigrati in Francia dopo la sconfitta della rivolta polacca del 1830 abbia letto il libro di de la Croix sulla rivoluzione a Saint-Domingue e che la parabola di Toussaint sia stata così trasposta dalle Antille all’Europa orientale. C’è però un’ulteriore complicazione nel fatto che un altro erudito ucraino, M. Dragomanov, ha menzionato in una lettera a I. Franko[9] che una parabola simile sarebbe stata utilizzata da John Brown nella sua propaganda antischiavista (ma non sono stato in grado di verificarlo).
È molto probabile che il tema di questa parabola sia di tipo migratorio e che abbia origine in un passato più lontano (forse nelle sette religiose medievali?). In ogni caso, mi sembra che il problema dell’origine di questa parabola meriti l’attenzione degli specialisti del folklore.
NOTE
[1] N. F. Batchykov, Taras Shevchenko. Kritiko-biografidieskij ocherk, 1939, pp. 153-154.
[2] I. Franko, Shevchenko heroyem polskoi rzvolutsiynoi legendy, 1893.
[3] Padre del famoso romanziere austriaco L. v. Sacher-Masoch.
[4] Gub., Publ.-pol., 43, Nr. 12787 ex 1838.
[5] Membro di una setta puritana di seguaci del Vangelo in Ucraina.
[6] L. Trotsky, La mia vita, Mondadori, Milano, 1976, pp. 128-129.
[7] «Guetter verb. trans., guardare, controllare»: W. A. Dorrrance, « The Survival of French in the Old District of Saint Geneviève » (University of Missouri Studies, v. X. Nr. Z, 1935, p. 80.)
[8] Mémoires pour servir à l’histoire de la révolution de Saint-Domingue, par le lieutenant-général Baron Pamphile de la Croix. Paris, 1820, t. I, pp. 409-410.
[9] Citata nello studio di Franko.
