L. Trotsky – MICHAIL FRUNZE

In occasione del centenario della morte del militante e dirigente militare rivoluzionario Michail Vasil’evič Frunze – morte sulla quale grava ancora oggi l’ombra del sospetto di una liquidazione politica voluta da Stalin – pubblichiamo il testo del discorso commemorativo pronunciato da Trotsky. Pur avendo polemizzato con Frunze, talora anche aspramente, su questioni politiche e militari, Trotsky, che era stato allontanato dal Commissariato del Popolo alla Guerra dal triumvirato Zinov’ev – Kamenev – Stalin e sostituito proprio dallo stesso Frunze (vicino a Zinov’ev), nutriva una profonda stima per le sue qualità umane e militanti, che ebbe modo di omaggiare nel suo necrologio.


Pubblicato originariamente in Izvestija n. 259, 13 novembre 1925. Traduzione di Rostrum dalla versione inglese pubblicata sul sito https://marxist.com.


Negli ultimi anni, colpo dopo colpo, una breccia dopo l’altra si è aperta nelle file dei combattenti di prima linea della nostra terra sovietica. L’ultimo colpo, uno dei più dolorosi, ci ha colpiti il 31 ottobre. Verso le 15:00 ho ricevuto un telegramma dal compagno Stalin a Mosca che includeva la breve ma terribile frase: «Frunze è morto oggi in seguito a un colpo apoplettico». Sapevo, come tutti, o almeno come molti di voi, che il compagno Frunze era malato – ma chi della vecchia generazione di rivoluzionari è oggi in buona salute? – e ognuno di noi pensava che la sua malattia sarebbe stata transitoria e che sarebbe tornato al suo importante lavoro. Ma ecco il terribile telegramma che poche ore dopo sarebbe stato ricevuto in forma più estesa da tutto il Paese e da tutta l’Unione Sovietica.

E come molti di voi, ho tenuto in mano il foglietto di carta che riportava la notizia della sua morte e ho cercato di leggervi non ciò che era scritto, ma qualcosa che fosse meno terribile e meno privo di speranza. Ma il testo non si prestava ad una reinterpretazione, così come il fatto raccapricciante che esso comunicava non poteva – ahimè! – essere contestato o annullato. Michail Vasil’evič Frunze non c’è più; uno dei più coraggiosi, dei migliori e dei più meritevoli se n’è andato per sempre e domani la Mosca proletaria rivoluzionaria seppellirà il combattente defunto nella Piazza Rossa. Il mio primo impulso è stato quello di andare lì, a Mosca, dove Michail Vasil’evič ha svolto il suo lavoro nell’ultimo periodo, e rendergli l’ultimo omaggio insieme ai suoi colleghi e amici più cari. Ma sabato e domenica non c’erano treni per Mosca e quello che è partito oggi sarebbe arrivato a Mosca troppo tardi. Ma Mosca non è sola, naturalmente, perché tutta l’Unione Sovietica è oggi in lutto e, a testa china e bandiere a mezz’asta, esprime il suo rispetto e il suo dolore in memoria del glorioso combattente. Qui a Kislovodsk siamo uniti da un unico sentimento amaro e da un unico pensiero doloroso che si fonde con i pensieri e i sentimenti di tutta la classe operaia e della sua guida, il Partito comunista, che ha perso uno dei suoi figli migliori.

Michail Vasil’evič si unì alla causa della classe operaia quando era ancora un giovane studente. Nei giorni della prima rivoluzione del 1905 e nei successivi anni bui e duri della reazione, la sua attività si concentrò a Ivanovo-Voznesensk. Già allora, l’audacia personale aveva contraddistinto questo giovane rivoluzionario in ascesa, ben lontano dalla media. Sparò all’ispettore di polizia impegnato nella repressione dei lavoratori di Ivanovo-Voznesensk e questo atto, insieme al resto del suo lavoro nel 1907, condusse Michail Vasil’evič al campo di lavoro forzato, dove trascorse diversi anni in condizioni durissime, che minarono la sua salute. Le condizioni nel campo di lavoro minarono la sua salute, ma non il suo spirito. Uscì dal campo così come vi era entrato, come un rivoluzionario bolscevico duro e inflessibile. La rivoluzione del 1917 lo trovò di nuovo a Ivanovo-Voznesensk. Ancora una volta era tra gli operai tessili. Era un agitatore, un organizzatore e un capo di gruppi di lotta. Nei giorni gloriosi dell’ottobre 1917 le file si serrarono attorno a lui. Michail Vasil’evič ha mancato l’ottavo anniversario della nostra vittoria di ottobre per soli sette giorni! Dopo l’ottobre Frunze dedicò il suo eccezionale talento principalmente all’organizzazione della difesa dello Stato sovietico. Lavorò come commissario militare capo nel distretto militare di Jaroslavl’, creando le prime unità regolari, forti ed affiatate, composte da operai tessili.

La guerra civile attanagliò il Paese e Michail Vasil’evič apparve a Mosca, bussò alla porta del Comitato Centrale e chiese di essere inviato al fronte della guerra civile. E così si trovò nell’est e nelle battaglie contro Kolčak. Assunse il comando di un esercito, lui, ex studente rivoluzionario e detenuto che non aveva ricevuto alcun addestramento militare, e si ritrovò alla testa di una delle armate rivoluzionarie, confrontandosi con i dubbi di alcuni, la sfiducia di altri e con la naturale domanda di tutti: sarebbe stato in grado di farcela? Eppure ce la fece, con onore e gloria. Ben presto si trovò a capo di un gruppo di quattro armate. Ricordo con quanto orgoglio e amore presentò, a Samara credo, un reggimento di lavoratori di Ivanovo-Voznesensk per l’ispezione. «Questi uomini non vi tradiranno». E non ci tradirono. Le strade lungo le quali M. V. Frunze guidò i suoi reggimenti rivoluzionari attraversavano gli Urali, poi il Turkestan e da lì Bukhara. All’interno dell’esercito, del partito e del Comitato Centrale si era ormai formata un’opinione chiara: dove le cose erano difficili, dove il fronte era instabile e richiedeva un coraggio fuori dal comune, una forte volontà e un occhio attento, bisognava mandare Frunze. E così dovette guidare le operazioni di combattimento in Ucraina contro il nostro ultimo grande nemico armato, Vrangel’. Basta citare un solo toponimo, Perekop, per illuminare il nome di M. V. Frunze con una fiamma luminosa di gloria. Nelle pagine della storia dell’eroica lotta dell’Esercito Rosso, esso arde con calore inestinguibile: lampi di eroismo uniti a un lavoro preparatorio accurato e metodico.

Due caratteristiche erano infatti ugualmente distintive di questo capitano. Innanzitutto, quel coraggio personale necessario a ogni guerriero, indipendentemente dal fatto che sia un soldato semplice o uno che guida reggimenti, brigate ed armate in battaglia. Il coraggio personale, sia come rivoluzionario che come soldato, contraddistingueva Michail Vasil’evič dalla testa ai piedi. Non conosceva quel panico interiore di fronte al nemico e al pericolo. Più di una volta si era trovato sotto il fuoco nemico, anche sotto un fuoco pesante, e in un’occasione un proiettile nemico non aveva risparmiato il suo cavallo, ma aveva risparmiato lui. Ma il coraggio personale è poco per un dirigente militare. Egli ha bisogno di coraggio nelle decisioni. Di fronte al nemico, dove tanto dipende da una singola decisione, i dubbi sono naturali: quale strada seguire? Quali mezzi adottare? Come dispiegare le proprie forze? È meglio passare all’offensiva oggi o aspettare? È meglio avanzare o ritirarsi?

Ci sono ovviamente decine di decisioni possibili e i vostri pensieri, gravati dalla responsabilità, oscilleranno tra queste decisioni. Frunze sapeva come riflettere, ascoltare e soppesare con calma e lucidità! Dopo averle valutate, faceva una scelta chiara. E dopo aver fatto una scelta chiara, andava fino in fondo. Aveva quel coraggio decisionale senza il quale non può esserci né un dirigente militare né un capitano. Ed è stato lui a garantire direttamente al nostro Paese la brillante vittoria su Vrangel’.

Il nome di Frunze, insieme a un altro nome, Perekop, rimarrà per sempre nella memoria umana come una bella leggenda della rivoluzione, alle cui radici si trova un fatto storico vivo. Frunze guidò poi un’organizzazione di forze militari in Ucraina, che ripulì dal banditismo, combinando la penetrazione politica con la spinta militare. Poi Michail Vasil’evič fu trasferito dal partito a Mosca, dove doveva essere posto a capo dell’Esercito e della Marina Rossi. E noi avevamo il diritto di aspettarci che qui le sue straordinarie risorse e il suo talento si sarebbero sviluppati appieno. Ma il destino crudele non lo ha voluto. Lo stesso uomo che era sopravvissuto alla prova dei lavori forzati, che era uscito indenne dal fuoco della guerra civile e che più di una volta aveva messo la sua vita in gioco sul campo di battaglia dove la rivoluzione lo richiedeva, è caduto sotto il colpo di un’arresto febbrile di un piccolo muscolo noto come cuore umano. Questo muscolo è il motore del nostro organismo. Lo stesso uomo che era stato un potente motore della rivoluzione e dell’esercito cadde, colpito inaspettatamente, quando il suo motore interno, il suo cuore, si paralizzò per sempre. E così, compagni, domani la Mosca rossa seppellirà M. V. Frunze. E noi che siamo qui riuniti insieme a molte migliaia, decine di migliaia e milioni di persone in tutta l’Unione, ci uniamo a Mosca nel comune dolore per una perdita irreparabile. In momenti come questi è difficile per noi cercare parole di consolazione, perché non c’è, né può esserci alcuna consolazione personale, perché una personalità eroica che non potete riportare indietro, compagni – semplicemente non potete riportarla indietro – è scomparsa e se n’è andata per sempre.

Ma non ci limiteremo a piangere e a lamentare la scomparsa del nostro illustre compagno d’armi. Noi rivoluzionari non pensiamo solo al presente, ma anche al domani. E anche se non c’è consolazione personale per la perdita di una personalità eroica, c’è una consolazione generale, collettiva, politica, che si trova nella profonda consapevolezza del fatto che la causa che M. V. Frunze ha servito giorno dopo giorno dalla sua giovinezza fino all’ultimo battito del suo cuore malato, è trionfante e che i sudari funebri che domani copriranno la tomba del defunto non cadranno dalle salde mani della classe operaia vittoriosa. C’è consolazione nel fatto che l’Esercito Rosso, nelle cui file e poi alla cui testa il nostro defunto compagno ha lavorato, combattuto e servito la causa proletaria, sta crescendo e serrando i ranghi ed è pronto a respingere come mai prima d’ora ogni possibile colpo dei nostri nemici. Sì, c’è consolazione nel fatto che la causa che Michail Vasil’evič Frunze ha servito e dalla quale la morte, quella brutale rapitrice, lo ha strappato, è immortale. Passa da un popolo all’altro, si muove di epoca in epoca e ovunque i nostri lontani discendenti potranno ricordare l’eroica lotta del proletariato, nomineranno con gratitudine, rispetto e amore l’uomo che domani Mosca accompagnerà nel suo ultimo viaggio. Abbassiamo le nostre bandiere e i nostri cuori affranti in memoria del combattente e diciamo: «Addio, eroico guerriero della rivoluzione d’ottobre; addio, glorioso capo dell’Esercito Rosso; addio, Michail Vasil’evič, combattente indimenticabile e rivoluzionario senza paura – addio per sempre!».

Ma noi che restiamo faremo ciò che i rivoluzionari devono sempre fare in tempi di perdite crudeli: serreremo ancora di più i nostri ranghi per colmare più rapidamente la breccia. Un uomo di grande statura se n’è andato. Ne presenteremo altri due, tre o sei, ma colmeremo la breccia. Perché la nostra lotta non conosce pause. Il partito che ha perso uno dei suoi migliori portabandiera guiderà la classe operaia verso nuove battaglie e nuovi sacrifici e porterà avanti dinanzi ai popoli di tutto il mondo la stessa bandiera sotto la quale ha vissuto e combattuto gloriosamente quell’eroico guerriero della rivoluzione, Michail Vasil’evič Frunze.

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