
Mettiamo a disposizione dei nostri lettori, nella nostra piccola biblioteca, la versione in PDF del testo di Otto Kuusinen “La rivoluzione in Finlandia” (pubblicato in italiano dalla società editrice Avanti! nel 1921). Seguono in appendice le tesi del partito comunista di Finlandia sui compiti della rivoluzione socialista finlandese (gennaio 1919).
Si tratta di un episodio poco noto ma significativo, anche in considerazione dell’avanzato livello di sviluppo economico e sociale della Finlandia del 1918. Il 27 gennaio 1918, in seguito ad un periodo di agitazioni sociali prodotte dalla crisi, dalla guerra e dall’esempio della contigua rivoluzione in Russia – della quale la Finlandia fece parte dal 1809 fino all’indipendenza concessa dai bolscevichi – veniva issata la bandiera rossa sulla casa del popolo di Helsingfors: iniziava la rivoluzione e la guerra civile finlandese, detta “luokkasota” (guerra di classe). Il tentativo rivoluzionario del proletariato finnico si protrasse sino a maggio, quando il proletariato rivoluzionario, dopo due giorni di eroica resistenza, venne definitivamente schiacciato a Tavastehus dalle guardie bianche del generale Mannerheim e dalle truppe dell’esercito tedesco – guidate dal famigerato von der Goltz – chiamate in soccorso dalla borghesia finlandese.

Dopo la sconfitta, il terrore bianco: le valutazioni circa i proletari massacrati variano tra le 10.000 e le 20.000 vittime; i prigionieri rossi internati in campi di concentramento furono “ufficialmente” 70.000, di questi fra i 7.000 e gli 8.000 morirono a causa delle atroci condizioni di prigionia. Il restaurato regime borghese finnico, per ringraziare la mano insanguinata tesa dall’imperialismo tedesco, votò una legge per la consegna alla Germania di prigionieri da usare per lavori forzati, in cambio di concimi chimici e minerali. La legge non poté diventare effettiva grazie allo scoppio della rivoluzione tedesca.
Il testo è stato scritto, a caldo, nell’ottobre del 1918, da un ex-socialdemocratico centrista finlandese, che si avvicinò proprio in quel periodo al comunismo e che era in quel periodo ancora lontano dal diventare un satrapo stalinista. Tra le sue riflessioni degne di nota, e sicuramente ancora valide, vi sono certamente quelle a proposito del ruolo nefasto dell’opportunismo socialdemocratico, prima e durante il processo rivoluzionario:
“Secondo il suo carattere la socialdemocrazia è piuttosto disposta ad ostacolare lo scoppio della rivoluzione […]. Dal punto di vista del vero scopo dei socialdemocratici ciò è perfettamente comprensibile; l’attività rivoluzionaria può facilmente riuscir d’ostacolo a quello scopo e avere per conseguenza la sospensione dell’attività socialdemocratica. […] in una rivoluzione esiste sempre la possibilità che vengano direttamente minacciate tutte le conquiste dell’attività organizzatrice e politica della socialdemocrazia, le organizzazioni, le case operaie, biblioteche, stampa, riforme, istituzioni e diritti democratici. E su di queste conquiste riposa appunto tutta l’attività della socialdemocrazia. In parte esse sono diventate unico fine, e nella maggior parte dei casi formano l’insostituibile base della continuazione e dello svolgimento della loro attività legale-borghese. Perciò la socialdemocrazia si sforza anche di conservarle con ogni energia e a guardarle premurosamente da tutti i pericoli, anche dai pericoli di una rivoluzione proletaria.”
Un altro rilievo storicamente fondato e comprovato è quello riguardante il ruolo delle mezze classi e del rapporto con esse del movimento rivoluzionario proletario:
“Sulla tattica e sul programma del Consiglio dei delegati popolari e in genere della socialdemocrazia finnica durante la rivoluzione influì anche certamente l’opinione che fosse necessario l’aver riguardo alle simpatie degli strati piccolo-borghesi e contadini della popolazione, che stavano più vicini alla classe operaia, che non si dovesse spaventare questi strati col socialismo e con la dittatura operaia e con ciò allontanarli da noi, ma tranquillizzarli col democratismo e con l’umanità e acquistare il loro favore. Questa fu una tattica elettorale parlamentare, ma non un modo d’agire rivoluzionario. La saggezza di questa tattica si rivelò nella rivoluzione come un fatale errore. Le tante e incerte simpatie degli elementi piccolo borghesi non esercitarono e non potevano esercitare una notevole influenza sul cammino della lotta. L’energia della lotta dipende interamente dalla classe operaia, dal suo fuoco, dalla sua energia e bravura e dalla sua fiducia nella direzione della rivoluzione.”
Buona lettura.