
Dal saggio La scienza probabilistica della rivoluzione, in appendice al testo di Roman Rosdolsky Il ruolo del caso e dei «grandi uomini» nella storia.
Parte III
Come scriveva Robert Havemann, al di là delle interpretazioni idealistiche che se ne danno
la meccanica quantistica non contesta che tutti i fatti, anche se il loro attuarsi non è completamente determinato da fatti precedenti, hanno pur sempre una causa dimostrabile. Nulla avviene in mancanza assoluta di cause. Nei fatti si può sempre dimostrare una catena causale. Non si tratta di chiedersi se questa catena può essere dimostrata, ma se la catena causale già accertata sia l’unico nesso possibile. [1]
Havemann, sulla scorta di Hegel, ci fornisce una interessantissima spiegazione del concetto di necessità, che crediamo trovi conferma nelle moderne scoperte della fisica
Ciò che è reale deve essere possibile. La cosa sembra ovvia. Ma Hegel [dice]: se un fatto è possibile, possiamo definirlo possibile solo se può accadere o può anche non accadere. La parola “possibile” ha in sé un singolare grado d’incertezza, dovendo significare che questa cosa può bene accadere, ma non deve accadere. Hegel conclude: i fatti reali sono caratterizzati dal fatto che, in quanto possibili, essi sono solamente fatti che possono accadere o anche non accadere, e al loro posto possono subentrare altri fatti, ugualmente possibili. Hegel dice poi: le possibilità realmente esistenti nella natura non sono casuali. Ciò che è possibile, è determinato per necessità. Le leggi del mondo e dei fenomeni stanno nel possibile. L’impossibile è distinto dal possibile per necessità assoluta, senza alcuna casualità. [2]
Ciò significa che il necessario è lo spettro del possibile; e il caso? Qual è il suo ruolo?
Havemann prosegue:
Hegel dice: il possibile è determinato per necessità. Esso è stabilito secondo leggi. Scoprire le leggi che determinano il reale significa conoscere ciò che è possibile. Hegel ne conclude: ma se una cosa è determinata secondo legge e per necessità soltanto come una cosa possibile, allora essa nella realtà può apparire solo casualmente. Poiché, come semplice possibile, può accadere o non accadere, essa, se accade, non accade per necessità ma solo casualmente. [3]
Ciò che si attua è dunque necessario e casuale. Necessario perché se si è attuato era nello spettro del possibile, casuale perché la possibilità che si è attuata è solo una di quelle che avevano probabilità di attuarsi.
Per quel che riguarda la causalità, il rapporto causa-effetto [4], che secondo l’interpretazione indeterministica scomparirebbe nella fisica delle particelle, Havemann ne fornisce una definizione determinista ma tutt’altro che meccanica:
Ogni rapporto fra i fatti è un rapporto causale. Ciò è vero. Nessun fatto deriva dal nulla senza causa. Questo principio non è contestato né messo in dubbio neppure dalla meccanica quantistica. C’è solo da chiedersi: di che tipo è il nesso fra causa ed effetto? Nella concezione meccanico- materialistica si afferma che da una causa può derivare un solo e determinatissimo effetto. Ma in verità le cause producono diverse possibilità di effetti. Da una causa deriva sì sempre un solo effetto, ma ogni causa aveva diversi effetti possibili. L’attuarsi di questo o quell’effetto possibile è oggettivamente casuale. Anche questa casualità, indubbiamente, è determinata da una legge, cioè dal grado della sua possibilità, ossia dalla sua probabilità. […] in ogni singolo caso appare, del tutto casualmente, solo una delle molte possibilità. Ma in centinaia di migliaia e in milioni di casi le possibilità appaiono tutte, e con la suddivisione delle frequenze prescritta dalla statistica sulla base della teoria. [5]
Ovviamente è la conoscenza dei rapporti causali a permettere alla scienza di fare delle previsioni. E qui entra in gioco la capacità della meccanica quantistica di fare previsioni valide tanto quelle della meccanica classica ma probabilistiche. Infatti, per il determinismo meccanico le stesse cause producono sempre gli stessi effetti, mentre nella moderna fisica delle particelle, a partire dallo stesso stato iniziale si possono avere più stati differenti [6]; tuttavia le probabilità sono definite e in generale prevedibili. Ciò significa la negazione di ogni determinismo? Al contrario, come scrive il fisico francese Paul Langevin:
La nuova fisica sostituisce al determinismo assoluto un determinismo statistico in virtù del quale la nostra attuale conoscenza di un sistema materiale permette di prevedere solo delle probabilità quanto ai diversi stati ulteriori possibili di questo sistema, probabilità tanto più sfumate quanto la previsione è a lunga scadenza. [7]
Lo stesso Havemann ci dice che
L’aspetto ondulatorio [delle microparticelle] non delimita soltanto il possibile dall’impossibile: esso fornisce anche indicazioni numeriche sul grado di possibilità. Il grado di possibilità è però la probabilità. [8]
Questo irrompere del caso nelle capacità predittive della scienza, che la costringe a indicazioni probabilistiche e che diminuisce in maniera apparentemente così drastica il grado di certezza, rappresenterebbe esclusivamente un problema di conoscenza incompleta – non essendo la casualità altro che una necessità non-nota [9] – come sostiene il determinismo meccanico?
Una risposta ci viene dal cosiddetto “effetto tunnel”. Si tratta di uno degli effetti puramente quantistici più affascinanti: esso predice che quando una particella dotata di un certo impulso incontra un ostacolo – una “barriera di potenziale” – che dal punto di vista del determinismo meccanicista la particella non avrebbe l’energia necessaria per superare, esiste tuttavia una certa probabilità, seppur piccola, che essa lo superi egualmente. Si tratta di un fenomeno largamente studiato e confermato, sul quale si basa ad esempio il funzionamento delle stelle: senza l’effetto tunnel i nuclei di idrogeno e deuterio presenti nel cuore delle stelle non avrebbero energia sufficiente per superare la barriera di repulsione reciproca dovuta alla loro carica positiva, eppure questo superamento avviene in maniera regolare e continuativa. Non si tratta dunque di un fenomeno marginale, ma di un meccanismo fondamentale senza il quale l’universo così come lo conosciamo, vita compresa, non esisterebbe. In questa sede il punto fondamentale da sottolineare è che, a fronte di un certo numero di particelle identiche che vanno contro una barriera di potenziale, quali di queste verranno respinte e quali invece, in frazioni minoritarie, la supereranno per effetto tunnel non è prevedibile sulla base di criteri puramente deterministico-meccanici, né sulla base di nessuna ipotetica “variabile nascosta”. Il superamento obbedisce ad una determinazione puramente casuale, nella quale la frazione di particelle che subiscono l’effetto tunnel rispetta le probabilità soggiacenti, calcolabili, queste sì, deterministicamente, in base alle regole della meccanica quantistica.
Esemplificando: a partire da una medesima condizione iniziale (una data particella con un dato impulso contro una data barriera) il sistema può evolvere in risultati differenti senza che ulteriori cause esterne debbano sopraggiungere per determinare l’esito.
Dunque, come afferma Havemann, per il
materialismo dialettico […] la realtà è oggettivamente casuale. Ciò naturalmente non significa che sia del tutto indeterminata o acausale. […] nella dialettica marxista la casualità nasce dalla dialettica di possibilità e realtà. Poiché il possibile è appunto un mero possibile, poiché può accadere e anche non accadere, perciò esso non può essere che casuale. Ciò che è possibile, certamente non è casuale, ma risulta necessariamente dalla realtà. Il possibile è determinato. [10]
Certamente in ogni epoca esistono delle necessità non ancora note che verranno via via conosciute – il processo conoscitivo è asintotico –, e non si può escludere che parte di ciò che oggi è ritenuto casuale possa un domani rivelarsi obbediente a precisi rapporti causali, ma ciò non implica che sia scientificamente legittimo preservare degli schemi meccanicistici ipotecando l’attuale conoscenza della realtà con delle cambiali sulla futura scoperta di nessi ad hoc, solo per negare il ruolo strutturale, necessario, del caso nella realtà. Il riconoscimento del fatto che “la realtà è oggettivamente casuale” non si può eludere postulando “variabili nascoste”, scoperte le quali si possa rimettere in piedi il determinismo meccanico classico. Ricondurre la necessità allo spettro del possibile non significa affatto affermare che tutto è possibile. Il fatto che “il possibile è determinato” vuol dire che esso ha dei limiti precisi e che la casualità opera all’interno dei limiti posti dalla necessità: ciò che è possibile, in quanto necessario, potrà casualmente accadere o non accadere ma ciò che è impossibile necessariamente non potrà accadere. […]
È opportuno precisare anche che i limiti del possibile non sono eterni, immutabili, ma storicamente determinati. Con questo non si vuole dire che tutto ciò che è impossibile in un dato momento storico diventerà possibile in uno successivo, ma che i limiti del possibile possono essere modificati, allargati, o che ad esempio parte di ciò che era considerato impossibile ieri può diventare possibile oggi perché la consapevolezza di ciò che è possibile è aumentata.
È evidente che la natura probabilistica delle previsioni della meccanica quantistica e il principio di incertezza non costituiscono minimamente la dimostrazione di una pretesa “inconoscibilità” del reale, in quanto la conoscenza non si identifica con la precisione assoluta della misurazione.
… continua
NOTE
[1] R. Havemann, Dialettica senza dogma – marxismo e scienze naturali, Einaudi, Torino, 1967, p. 117.
[2] Ibidem, p. 122.
[3] Ibidem, p. 123.
[4] “Hegel dice che il motivo dei fenomeni è il più profondo. Esso sta alla base dell’essenza dei fenomeni. Le cause invece sono soltanto il transitorio, l’irripetibile. Le cause non sono niente di duraturo, ma qualche cosa di fuggevole, che appare solo momentaneamente nel corso dei fenomeni. […] L’estrarre singoli fatti come cause ed effetti è un intervento analitico che noi compiamo sulle cose col nostro intelletto. In realtà tutto è incluso in un flusso completo di mutamento costante che dura all’infinito. […] Ma in tutto questo continuo mutamento, in questo continuo flusso delle cose, c’è tuttavia qualche cosa di durevole, il motivo più profondo dei nessi: la rispondenza alla legge. […] Riassumiamo, ripetendo i principi “inauditi” di Hegel: 1) “Il casuale ha un motivo, perché è casuale”: vuol dire che nulla avviene senza motivo. Ma poiché il motivo determina il reale solo come possibile, il motivo appare anche nel casuale. 2) “Il casuale, in pari tempo, non ha motivo alcuno, perché è casuale”; infatti, in quanto casuale, può così essere come non essere. Ciò che realmente avverrà – l’essere o il non essere – non ha motivo alcuno. 3) “Il casuale è necessario” vuol dire che nel fuggevole, nell’irripetibile e nel temporaneo compare per necessità il permanente e il duraturo, ma solo casualmente. 4) “La casualità è la necessità assoluta”: senza casualità tutto ciò che è irripetibile e transitorio sarebbe già necessità. Solo nella forma della casualità il necessario è assoluto”. Ibidem pp. 124- 126.
[5] Ibidem, p. 135.
[6] È interessante notare che mentre attualmente in fisica l’interpretazione ideologica prevalente è di tipo idealistico-indeterminista, nelle scienze biologiche, e in particolar modo nella genetica, è invece il determinismo meccanico ad ostacolare una visione dialettica. Lo scopo sociale più o meno consapevole di queste interpretazioni è però il medesimo. A questo proposito Lewontin rileva correttamente il rapporto causa- effetto e l’importanza della casualità, dell’errore in biologia: “Anche se conoscessi nel modo più particolareggiato la descrizione molecolare di ogni gene di un organismo, non potrei prevedere che cosa sarà quell’organismo. Naturalmente la differenza tra leoni e agnelli è quasi completamente una conseguenza della differenza genetica tra di essi, ma le variazioni tra individui all’interno della specie sono una particolare conseguenza della costante interazione tra geni e ambiente di sviluppo. […] se contiamo […] il numero delle setole che si trovano al di sotto dell’ala di un moscerino della frutta, troviamo che esse sono in numero diverso sul lato sinistro e su quello destro. Alcuni moscerini ne hanno di più a sinistra, altri a destra; non c’è alcuna differenza media. Esiste pertanto una sorta di asimmetria fluttuante. Il singolo moscerino, tuttavia, ha gli stessi geni sia a destra sia a sinistra. […] Le differenze tra lato sinistro e lato destro non sono causate da differenze genetiche né ambientali, ma dalla variazione casuale nella crescita e dalla divisione delle cellule durante lo sviluppo: il rumore dello sviluppo. Questo elemento casuale nello sviluppo è una importante fonte di variazione. […] I geni hanno anche un’ulteriore funzione, che consiste nel servire da modelli per la fabbricazione di altre copie di sé stessi. […] Dal momento che nessun processo chimico di copiatura è perfetto, avvengono degli errori, le cosiddette mutazioni, che però, di regola, si verificano una volta su un milione di copie”. R. C. Lewontin, Biologia come ideologia, Bollati-Boringhieri, Torino, 2010, pp. 25-26 e 45-46.
[7] Citato da Eftichios Bitsakis nel suo La natura nel pensiero dialettico, Ponsinmor, 2009, p. 284.
[8] R. Havemann, Dialettica senza dogma – marxismo e scienze naturali, Einaudi, Torino, 1967, p. 125.
[9] Cfr. G. Plechanov, La concezione materialistica della storia, Savelli, 1970, p. 63: “[gli uomini] attribuiscono al caso ciò le cui cause restano loro celate”. Ricordiamo che anche Darwin, per quanto riguarda l’origine delle variazioni nell’evoluzione delle specie, identificava il caso con l’ignoranza delle cause (Cfr. Inizio del quinto capitolo de L’origine delle specie). Le successive scoperte della genetica hanno stabilito il ruolo strutturale del caso nell’evoluzione, confermando l’interpretazione generale datane da Engels.
[10] Op. cit., p. 131.