
C’è voluto il Covid per assistere allo spettacolo del più lurido, sconclusionato, farsesco fascistume nazionale indossare stelle di David e fare il saluto romano; gridare all’apartheid intonando “giovinezza”; insorgere contro la “dittatura sanitaria” al grido di “duce!”; sbraitare contro il vaccino che ti trasformerebbe in uno zombie mostrando alle telecamere sguardi vitrei, persi nel nulla; denunciare il “green pass” che riduce la “libertà” aggredendo cronisti venuti a documentare la fauna scesa nelle piazze. Però, a dirla tutta, lo spasso che provocano queste esternazioni non vale le centinaia di migliaia di vite falciate dalla pandemia.
Chiariamo subito una cosa: discutere con terrapiattisti, negazionisti, teorici del complotto giudaico-massonico-rettiliano non solo non è per noi una priorità, non è nemmeno contemplato come opzione. C’è altro da fare, e il tempo è prezioso.
Quello che ci perplime – e per certi versi ci sconcerta, ma solo un poco – è vedere brandelli di una certa sinistra “radicalmente radicale” o “critica critica” prestare attenzione a questi fenomeni e addirittura porsi il problema di collegarsi ad essi, nell’ottica di unire i movimenti antisistema in un solo blocco sovversivo, dandogli consapevolezza e direzione…
Solo chi pontifica recitando gli obsoleti versetti del marxismo – sembrano affermare i “veri rivoluzionari”, quelli che hanno “l’istinto” di seguire il “movimento” – può mettersi a fare le pulci alla composizione sociale di questi fenomeni e guardarli con disprezzo “benpensante”. Solo dei marxisti del secolo scorso possono contestare il fatto che l’umanità sia vittima di una sperimentazione di massa chiamata vaccinazione. Solo dei rivoluzionari da salotto possono distogliere indifferenti lo sguardo dalle tumultuose “piazze” e schierarsi di fatto, se non intenzionalmente, con lo Stato borghese che conculca proditoriamente le libertà individuali e del “popolo”, con un piano ben congegnato e contrassegnato dall’autoritarismo totalitario…
I radical-critico-critici, che con grande sdegno e animosità lanciano questi pungentissimi strali, si sono persino accorti – bontà loro – che le multinazionali farmaceutiche stanno fagocitando profitti colossali, speculando su prezzi, commesse e brevetti. Che novità. Che profonda arguzia.
Si sono accorti presto che all’interno dei rapporti di produzione capitalistici il vaccino non è altro che una MERCE. Che all’interno dei rapporti di produzione capitalistici ogni singolo produttore di merci vuole piazzare la sua merce sul mercato il più in fretta possibile, e al miglior prezzo possibile, in concorrenza con tutti gli altri produttori.
Sappiamo bene che la qualità di ogni merce è direttamente proporzionale al rischio di sborsare copiosi risarcimenti in caso di riscontri diffusi e contemporanei di effetti dannosi. Se i danni non sono né ampiamente diffusi né concentrati nel tempo, si fa una banalissima valutazione costi-benefici e… a chi tocca tocca. Questo è il capitalismo, signori, e non dall’anno del Signore 2020.
Se poi, come nel caso di una pandemia che mette più o meno in ginocchio i sistemi sanitari mondiali, la velocità con la quale ogni singola “big pharma” – separatamente, in competizione con le altre, senza condividere studi, scoperte, risultati, problematiche – riesce a trovare per prima un rimedio-tampone quantomeno passabile significa commesse per miliardi e miliardi, ecco che ad essere sacrificate saranno necessariamente verifiche maggiori, sperimentazioni esaustive, analisi più accurate, valutazioni scrupolose sui possibili effetti a lungo termine della merce-farmaco.
Il rischio di insorgenza di problemi di salute in futuro, dopo l’assunzione di simili merci, esiste, ma gli Stati, che sono gli acquirenti di queste merci, e le borghesie di cui curano gli interessi generali, hanno altre necessità impellenti: evitare sovraccarichi ospedalieri, evitare ecatombi concentrate nel tempo e nuovi lockdown che rallenterebbero la produzione e i consumi, provocherebbero danni economici e agitazioni sociali. In questi calcoli non rientra nessuna preoccupazione per la sorte della specie. Ma questo è persino ovvio.
In questa società l’importante è che non si muoia tutti insieme. A questo serve il vaccino. Se poi esiste un rischio di disturbi, sindromi, malattie o addirittura di decesso sul medio-lungo termine questo è del tutto secondario. La morte “a scaglioni” è perfettamente accettabile in questo sistema sociale.
Ora, L’ALTERNATIVA NON È “RIFIUTARE IL VACCINO BORGHESE” condannandosi quindi al rischio di crepare subito e di far crepare chi ci è vicino, sul posto di lavoro, nelle scuole, a casa. L’alternativa, non è semplicemente battersi contro il green pass e contro tutte le limitazioni e controlli che implica, senza tenere minimamente conto del contesto reale in cui siamo immersi. L’alternativa, ed è la sola possibile, è lottare contro il sistema sociale che IMPONE la scelta fra una morte quasi certa e un futuro incerto. Per farlo però, purtroppo, dal momento che, come classe, non abbiamo ancora in mano IL POTERE, e con esso le industrie farmaceutiche e i laboratori di ricerca, e soprattutto non abbiamo instaurato una società nella quale quello della salute della specie sia assunto come primo imprescindibile criterio e nella quale la scienza sia al servizio della specie e non del profitto capitalistico, dobbiamo sopravvivere nell’immediato e siamo costretti a inocularci il “vaccino borghese”, consapevoli dei rischi annessi e connessi. A meno che, quanti sono propensi a rifiutarlo, non dispongano della colossale quantità di mezzi necessari a produrre un “vaccino socialista” e lo propongano come alternativa all’umanità… qui e adesso però. Fino a quando questi autentici rivoluzionari, antistato, antisistema, anticapitalisti non avranno brevettato il loro “socialismo in un solo vaccino” e non avranno reso appetibile al proletariato il loro rifiuto di qualsiasi merce borghese, possiamo suggerire loro di provare a digiunare fino a quando il cibo non sarà più merce, merce scadente e nociva, peraltro.
Il capitalismo è per antonomasia la società dell’incertezza, finché non lo avremo abbattuto, dovremo continuare a farci i conti. Ma per abbatterlo, occorre respirare, occorre essere vivi. Come contraltare agli interessati richiami borghesi all’union sacrée, agli ideologici parallelismi borghesi della situazione pandemica con lo stato di guerra, alcuni di questi autentici rivoluzionari rispondono accusando implicitamente chi non li segue sulla loro strada di non essere dei disfattisti rivoluzionari. Signori, il parallelo con la guerra imperialista non regge, perché non sapete che cosa sia il disfattismo, anche se siete convinti del contrario. Di cosa sia il disfattismo rivoluzionario ce ne hanno fornito un buon esempio i bolscevichi di Russia, che alla coscrizione di guerra dello zarismo non hanno risposto con il rifiuto individuale delle armi, né con quello collettivo – anche perché non ne avevano la forza. Hanno risposto indossando la sporca uniforme dell’esercito e imbracciando il fucile che veniva loro consegnato. E nelle trincee, quando i loro ufficiali li spingevano a sparare contro il “nemico” con l’alternativa certa di essere fucilati sul posto, non rispondevano incitando i propri commilitoni a correre disarmati verso le trincee nemiche gridando: Non sparate! Fraternizziamo! Siamo fratelli di classe! Niente di tutto questo. Finché le circostanze e la tenacia non hanno permesso loro di convincere i propri commilitoni a organizzare ammutinamenti e rivolte contro i propri ufficiali, hanno utilizzato i fucili per salvare la pelle contro un nemico sul cui internazionalismo non potevano ciecamente contare. Solo allora hanno potuto porsi il problema di fraternizzare. Né oggi né domani con il virus si potrà fraternizzare. Ma, oggi come allora, per poter organizzare il disfattismo contro lo Stato borghese è necessario salvare la pelle.
Ogni società, anche questa putrida società capitalistica, NON HA MARGINI, siamo sempre al suo interno e possiamo uscirne solo nell’astrazione, oppure trasformarla con la rivoluzione. Chi strizza l’occhio alle mezze classi, che pretendono di “starne fuori” adottando uno specifico comportamento individuale, si mette sul piano inclinato dell’individualismo piccolo borghese e rende un pessimo servizio alla classe operaia.
Per conto nostro, siamo contro la società del capitale e contro il suo Stato ma non per questo diamo dignità agli istinti antisociali, al becero individualismo della feccia piccolo borghese. Il capitalismo è il modo di produzione che ha esteso e approfondito più di ogni altro gli oggettivi legami sociali della specie umana, e al tempo stesso ha prodotto la più bieca, irrazionale e ingiustificata falsa coscienza che si possa immaginare: l’individualismo. Per quanto, come comunisti, non concepiamo altro scopo che quello di abbattere l’attuale forma sociale, non abbiamo e non possiamo avere niente in comune con chi rifiuta la società in sé, con chi esprime soltanto la più ripugnante ferocia antisociale. Una ferocia ben rappresentata da uno dei cartelli portati dai manifestanti anti-restrizioni Covid negli USA: “Non scambio la mia libertà con la tua sicurezza”.

Non c’è bisogno di grande acume “marxista” o di un dettagliato censimento statistico per inquadrare l’attuale composizione di classe maggioritaria delle manifestazioni nostrane di no-vax e no-pass: piccola borghesia, mezze classi, tutte quelle categorie che vivono di libera circolazione del pubblico, ristoratori, negozianti ecc. Non volevano il lockdown quando gli operai crepavano nelle fabbriche e adesso non vogliono il green pass o altre restrizioni che riducano il volume dei loro affari, aumentino le spese di tempo e denaro per i controlli agli ingressi, implichino il rischio di multe in caso di inadempienza. Vogliono la “libertà”. La libertà di pagare due soldi i loro dipendenti, di farli lavorare 10, 12 ore al giorno per 7 giorni consecutivi e per sovrappiù la libertà di lamentarsi che sono troppo pochi i giovani costretti ad accettare di lavorare a queste “generose” condizioni; la libertà di percepire “ristori” e altre regalìe dallo Stato; la libertà di negare i permessi pagati, necessari ai dipendenti per andare a farsi vaccinare, perché “sennò chi serve i tavoli? Chi stà al bancone? Chi si occupa delle consegne a domicilio? Chi sparecchia? Chi pulisce?” Di certo non loro, loro sono “liberi”. Devono negare che esista il Covid, perché così è più facile ritenere un “sopruso” l’essere costretti a pagare la malattia e la convalescenza di un dipendente ammalato e poi lamentarsene nelle chiacchiere da bar. Se il Covid è una bufala, è più facile indignarsi, giustificare la propria “legittima” collera che monta e urlare: “libertà!” in piazza, immaginando di essere un William Wallace che si batte al suono struggente delle cornamuse…
Libertà di sfruttare e arricchirsi nel loro piccolo. Ecco la libertà di cui cianciano. L’unica libertà compatibile con il sistema che mai mettono in discussione. Si, esatto il sistema che mai mettono in discussione. Neanche quando inveiscono contro le “élites” e i “poteri forti”, che, guarda caso, non corrispondono mai alla classe dominante nel suo insieme, al capitalismo in sé – o, per restare in Italia, alla Confindustria – ma alle banche che non gli concedono prestiti, allo Stato che li costringe a pagare l’imposta, ai singoli capitalisti – qualche volta ebrei, stranieri sempre – che complottano contro le loro “libertà”.
E costoro dovrebbero persino ringraziare tutti i loro santi per il fatto che, al posto della “dittatura sanitaria” contro cui si scagliano, certi di non pagarne le conseguenze, non ci sia una “dittatura proletaria”, o per il fatto che ancora non si mobiliti chi, di fronte al rischio di crepare tutti i giorni sul posto di lavoro o sui mezzi per arrivarci, o a quello di veder chiudere definitivamente i battenti della fabbrica in seguito a nuovi prolungati lockdown, potrebbe venire a bussare assai poco amichevolmente alle loro porte per insegnargli materialisticamente il significato della parola dittatura.
Peggiore di questo letame sociale è solo chi si lascia suggestionare da simili piazzate, mediaticamente sovraesposte e sovradimensionate, pensando e sostenendo che rappresentino una qualche forma di passo, incompleto quanto si vuole, nella giusta direzione del rifiuto di questo sistema sociale. Un passo che loro, gli autentici rivoluzionari, grazie al loro formidabile “istinto” per tutto ciò che di “antisistemico” si pone in movimento, magari grazie a parole d’ordine asso pigliatutto, possono rendere completo, consapevole, rivoluzionario; contendendo ciò che di “genuinamente popolare” si manifesta in queste proteste ai furbi demagoghi fascisti, sempre pronti a rimestare nel torbido.
È un po’ come sostenere che i rivoluzionari russi del primo novecento abbiano peccato di dottrinaria cecità per non aver cercato il dialogo con i centoneri – e sì che anche allora si trattava di un movimento di massa che inneggiava alla “libertà”; oppure che i pieds noir in Algeria fossero da “contendersi” alla destra, dal momento che erano contro lo Stato francese, peraltro violentemente; o che i moti di New York contro la leva nordista per la guerra di secessione – moti accompagnati da linciaggi di neri – possedessero margini di intervento politico socialista… quasi intendendo che qualsiasi rivolta e ribellione abbia in sé un che di “sacro”.
Più di un secolo fa un socialista tedesco, un certo August Bebel, disse che “l’antisemitismo è il socialismo degli imbecilli”. Non significava che ci fosse alcunché di socialista nell’antisemitismo, significava semplicemente che chi era antisemita era un imbecille, oppure un furbo che usava gli imbecilli spacciando il loro antisemitismo per una forma “primitiva”, “incompleta” di socialismo.
Non facciamo gli imbecilli. Senza offesa. Non facciamo la figura peggiore che un militante politico rivoluzionario possa fare: quella in cui, senza nessuna forza reale nella classe di cui pretende di rappresentare gli interessi, senza contare assolutamente nulla, copre a sinistra un movimento reazionario; non facciamo la parte del rappresentante della minoranza etnica all’interno del movimento suprematista bianco, che permette ai razzisti di dire che non sono razzisti; non permettiamo alle mezze classi reazionarie di spacciarsi per “libertarie”, perché in mezzo ai loro cortei sventola qualche bandiera rossa o nera; non affanniamoci a inseguire presunte masse – per poi scoprire che masse non erano o che si sono sgonfiate come un intestino gonfio di gas maleodorante col procedere della campagna vaccinale – perdendo ogni credibilità e decenza durante l’inseguimento; non rendiamo più facile allo Stato borghese l’adozione di nuove misure restrittive, incoraggiando sacche di proliferazione del virus e delle sue varianti con cui giustificarle, con l’ampio consenso di tutto il circo mediatico; soprattutto non permettiamo al vero nemico: al capitale, alla grande borghesia, alla classe dominante ed ai suoi governi di farsi passare per illuminati e progressisti.
Senza sosta va denunciata la responsabilità storica e sociale del capitalismo nella proliferazione e diffusione del virus, nella sua incapacità strutturale di affrontare adeguatamente la pandemia dopo averla provocata. Senza sosta va denunciata l’ipocrisia di una classe dominante che, in piena pandemia, prima che venisse approntato il vaccino, premeva senza vergogna per farci lavorare comunque, a rischio della pelle, e che ora, con la scusa della “preoccupazione per la salute di tutti”, approfitta per la seconda volta della pandemia per giustificare le sue esigenze di tagliare i costi delle misure di prevenzione anti-Covid nelle aziende, nelle fabbriche, nei magazzini; che approfitta del green pass per scaricare sull’efficacia o meno del vaccino, sulla totale o parziale estensione della vaccinazione, la responsabilità dell’ammalarsi dei lavoratori all’interno di ambienti in cui si vuole risparmiare su sanificazioni, distanziamenti e forniture di presidi sanitari; che approfitta della pandemia per ribadire il proprio dispotismo sul posto di lavoro e che attraverso il suo Stato riduce le agibilità sindacali e associative.
Cosa dobbiamo fare? Dobbiamo fare quadrato con la nostra classe, con la classe operaia. Dobbiamo approfittare anche noi della crisi pandemica, ma per cercare di favorire un rafforzamento della nostra classe in quanto tale e non per frantumarla nella difesa delle libertà dell’individuo borghese; non dobbiamo concedere nulla allo Stato borghese e ai suoi decreti, ma sul terreno della nostra classe, non su quello della borghesia, impegnata nelle sue liti in famiglia; dobbiamo mettere in luce ogni criticità e inefficienza di questo sistema sociale nella gestione dei danni che esso stesso provoca, dobbiamo esigere ogni garanzia e facilitazione nell’accesso ai vaccini per i lavoratori e al contempo difendere i lavoratori da qualsiasi discriminazione padronale, che siano vaccinati, che non lo siano ancora o che non possano esserlo. Guai se un lavoratore dovesse vedersi decurtato il salario o addirittura perdere il posto perché non si è potuto vaccinare, per esempio a causa di patologie che glielo impediscono; guai se una lavoratrice incinta o in età fertile dovesse essere sospesa o licenziata perché non si è potuta vaccinare ed ottenere il green pass; guai se venisse consentito al padronato di ridurre le misure di sicurezza e prevenzione sui posti di lavoro addossando la responsabilità di nuovi contagi sui lavoratori non vaccinati. Come farlo? Con tutte le armi del movimento operaio, con gli scioperi, i blocchi, le mobilitazioni.
Ma – ci si ribatterà – in questo momento le piazze vogliono altro, e bisogna rapportarsi ad esse! Vogliono altro perché sono altro dalla nostra classe, rispondiamo noi, e ad oggi non ci risulta che la classe operaia si stia mobilitando contro i vaccini. Settarismo operaio! – sarà la banale accusa che ci verrà immancabilmente mossa contro. Se riconoscersi negli interessi di una classe composta da centinaia di milioni di individui in tutto il mondo, e che porta in sé la causa di tutta l’umanità, è settarismo, non possiamo negare questo tipo di settarismo, anzi lo rivendichiamo con orgoglio in faccia a tutti quelli che si sporcano le brache al solo pensiero di rimanere “tagliati fuori” da qualsiasi cosa si “muova”, anche se a muoversi è un fiume di melma che sfocia in una stagnante e fetida palude, e in faccia a tutti quelli che teorizzano “alleanze contro natura” ad ogni piè sospinto, perché il tutto sarebbe (discutibilmente) molto leninista. Fatevele voi, se ci tenete tanto, queste “alleanze”, e buona fortuna, ma state alla larga dalla classe operaia.
Circolo internazionalista “coalizione operaia”
Una opinione su "IL DISFATTISMO RIVOLUZIONARIO E GLI INSEGUITORI DI DISFATTE"