IL CONCETTO DI UNA COSA E LA SUA REALTA’

Dal saggio La scienza probabilistica della rivoluzione, in appendice al testo di Roman Rosdolsky Il ruolo del caso e dei «grandi uomini» nella storia.


Parte VI

Abbiamo visto che, esattamente come in natura, anche in campo sociale il caso è la forma in cui deve manifestarsi la necessità – che per il materialismo storico è in ultima istanza la necessità economica –, l’accidentalità è il mezzo attraverso il quale si impongono le leggi sociali finché gli uomini non assoggetteranno al proprio controllo le loro relazioni sociali.

Nella società capitalistica la necessità economica si esprime da un lato con il processo di accumulazione del capitale, con l’estrazione di plusvalore, con l’ottenimento del profitto e con la concentrazione del capitale; dall’altro con la lotta per il salario, per la riduzione dell’orario lavorativo, per la salvaguardia e il miglioramento delle condizioni della forza-lavoro. Le espressioni politiche sovrastrutturali del dominio delle esigenze del capitale nei rapporti sociali si manifestano come oscillazioni casuali – il cui spettro è delimitato dalle ideologie, dalle tradizioni, dalle culture, dai sistemi giuridici e dal grado di resistenza della classe operaia – all’interno della fondamentale necessità della salvaguardia del processo di accumulazione del capitale, della garanzia della continuità nell’estrazione di plusvalore, della ricerca e nell’ottenimento di tassi maggiori di profitto e dell’agevolazione del processo di concentrazione del capitale.

Le esigenze del capitale sono sempre le stesse, ma le sue articolazioni sono molteplici ed esso si suddivide in settori, frazioni e gruppi; la concorrenza perpetua di queste articolazioni, al loro interno e fra di loro, fa sì che le specifiche esigenze di ciascuna cozzino con quelle delle altre nell’esprimere una linea politica generale che risulterà, come dice Engels, non voluta da nessuno, casuale. Tuttavia, per quanto non volute siano queste oscillazioni politiche casuali, attraverso di esse si manifesta sempre la fondamentale necessità economica del capitale. Questo vale nelle dinamiche interne alle frazioni nazionali del capitale mondiale come nelle loro dinamiche reciproche al livello internazionale. Ovviamente tutti questi processi appaiono come rapporti tra cose, ma sono in realtà rapporti tra persone, classi e singoli individui.

Pur esprimendosi sotto l’influenza delle più svariate ideologie, tradizioni e culture politiche, le volontà dei “funzionari” dei singoli capitali e delle frazioni del capitale sono determinate dalle esigenze assai concrete della valorizzazione del capitale. Sono volontà determinate dalle forze economiche ed esprimono alla fine le esigenze di queste forze. Lo stesso discorso vale per i rappresentanti politici delle varie frazioni del capitale, per quanto nel caso di questi ultimi le oscillazioni ideologiche debbano essere più ampie e la determinazione economica si manifesti assai più “in ultima istanza”.

Parlare delle oscillazioni dei rappresentanti politici della classe dominante – dei loro “errori” nel rappresentare al meglio gli interessi delle frazioni fondamentali del capitale di una nazione – come di “tiri di dadi”, di “giochi dell’oca” e di “scommesse” vinte o perse [1], ha senso solo se si comprende che essi devono affidarsi alla casualità nell’ignoranza delle probabilità del possibile. Come scrive Engels

I personaggi storici o hanno voluto addirittura qualcosa di diverso da ciò che si è poi conseguito, oppure questo qualcosa che si è conseguito si tira dietro altre e impreviste conseguenze. [2]

La consapevolezza delle leggi sociali non appartiene alla classe dominante [3]. La classe  dominante  stessa  è  dominata  dalle  proprie  esigenze  socialmente determinate non meno del proletariato ma, al contrario di quest’ultimo, non può riconoscere  nemmeno  in  linea  teorica  la  possibilità  di  una  conoscenza scientifica delle leggi sociali, perché vi dovrebbe leggere la sentenza della propria condanna storica. Perciò il tiro di dadi non è un’eccezione, è la regola dell’agire dei rappresentanti politici della classe dominante. In ogni caso le loro oscillazioni sono sempre all’interno dello spettro della necessità capitalistica. Esse sono casuali ma necessarie, anche quando la loro ampiezza è tale da causare danno retroattivo alla struttura economica. La lotta tra le rappresentanze politiche della classe dominante è sempre una lotta per stabilire quale fra esse è maggiormente in grado di esprimere gli interessi generali del capitale e al tempo stesso di garantire il consenso della classe dominata.

È legittimo peraltro codificare una qualche “legge della non-corrispondenza”[4] tra il movimento strutturale economico e le sue espressioni politiche? Lasciamo rispondere ancora una volta Engels:

Il concetto di una cosa e la sua realtà, corrono l’uno  accanto all’altro  come due asintoti, avvicinandosi sempre più e tuttavia non coincidendo mai. Questa differenza di entrambi è proprio la differenza che fa sì che il concetto non sia senz’altro, immediatamente, la realtà, e la realtà non sia immediatamente il suo proprio concetto. Ma il fatto che un concetto abbia la natura essenziale del concetto, che quindi non coincida senz’altro prima facie con la realtà, dalla quale ha prima dovuto essere astratto, non toglie che esso sia pur sempre qualcosa più di una finzione, a meno che [non si considerino] delle finzioni tutti i risultati del pensiero, poiché la realtà corrisponde loro solo molto indirettamente, e anche allora in modo solo asintoticamente approssimativo. [5]

Il concetto, la legge, della determinazione del politico da parte dell’economico non coincide di per sé con la realtà che va a descrivere. La legge è un concetto scientifico che astrae dalle singole contingenze esprimendo un dato generale. La cosiddetta “non corrispondenza” è implicita nella stessa formulazione della legge perché nessuna legge scientifica pretende l’identità con ogni fatto empiricamente osservabile, ma serve appunto a spiegare e collegare i fatti empirici astraendo dalle circostanze di disturbo. Una legge che codifichi il fatto che un’altra legge non corrisponde meccanicamente alle singole manifestazioni dei processi che descrive, dal momento che la cosa è implicita nel concetto di legge, è, dal punto di vista scientifico, un’evidente assurdità.

Per non parlare del fatto che stabilire una “ferrea” legge della non-corrispondenza tende a far passare l’idea che un’effettiva corrispondenza tra legge e fenomeno – ad esempio tra la legge della determinazione della politica dall’economia e l’effettiva dinamica della formazione economico-sociale – non avvenga mai, nemmeno casualmente, nemmeno momentaneamente, nemmeno come media tra le alterne oscillazioni delle circostanze di disturbo (ad esempio tra le oscillazioni dei fattori sovrastrutturali in un senso o nell’altro rispetto alla dinamica strutturale), nemmeno sul lungo periodo. E questo è evidentemente un rinnegamento del materialismo storico. Estendendola alla teoria economica di Marx, un’affermazione del genere porterebbe a “teorizzare” una legge della non-corrispondenza dei prezzi delle merci con i loro valori, dato che effettivamente i primi non corrispondono immediatamente ai secondi. Nella legge formulata da Marx però, il prezzo corrisponde eccome al valore, nella media generale, attraverso tutte le varie oscillazioni, cionondimeno vi corrisponde [6].

continua…


NOTE

[1] Tiro di dadi sull’Europa, Lotta comunista n° 550, giugno 2016; Gioco dell’oca, Lotta comunista n° 556, dicembre 2016.

[2] F. Engels, Lettera a W. Sombart 11 marzo 1895, Lettere sul materialismo storico, Iskra, 1982, p. 81.

[3]  Anche quando vi sia una maggiore consapevolezza dei processi reali in teste particolarmente “brillanti” dell’intellettualità borghese (i cosiddetti “grand commis” o “facitori”), le prospettive più lungimiranti, che però rimangano all’interno dei limiti delle necessità di autoconservazione sistema capitalistico, sono destinate a rimanere ininfluenti nel cozzo con le stringenti e concrete esigenze di breve periodo dell’accumulazione capitalistica.

[4] “[…] la non corrispondenza è una legge generale, insita nella dialettica tra struttura e sovrastruttura. Tale relazione dialettica implica per sua natura, in forme e gradi che di volta in volta dipendono dalla specifica situazione storica, una relazione ineguale tra mutamento economico e mutamento politico […].” G. La Barbera,  L’Europa  e  lo  Stato,  Lotta  comunista,  2006,  p.  92.  Questo  è  solo uno  dei  tanti  esempi dell’enfatizzazione del ruolo della sovrastruttura e della mistificazione del concetto di determinazione “in ultima istanza” da parte del fattore economico presenti in diverse realtà del cosiddetto “movimento rivoluzionario”. Dietro questa ritorsione dei concetti engelsiani contro Engels stesso, si cela un evidente tentativo di “ricentrare” l’analisi della formazione economico-sociale capitalistica, e la prassi politica sedicente “rivoluzionaria”, su basi differenti dalla contraddizione fondamentale tra capitale e lavoro salariato; ad esempio sulle relazioni diplomatiche fra gli Stati, recuperando la “geopolitica” borghese, oppure conferendo lo status di elementi “anticapitalistici” ad antagonismi parziali, riassorbibili dai rapporti capitalistici di produzione.

[5] F. Engels, Lettera a C. Schmidt 12 marzo 1895, Lettere sul materialismo storico, Iskra, 1982, pp. 85-86.

[6] “Basterà dire che se la domanda e l’offerta si equilibrano i prezzi di mercato delle merci corrispondono ai loro prezzi naturali, cioè ai loro valori, i quali sono determinati dalle corrispondenti quantità di lavoro necessarie per la loro produzione. Ma domanda ed offerta devono costantemente tendere a equilibrarsi, quantunque ciò avvenga soltanto perché una oscillazione viene compensata da un’altra, un aumento da una caduta e viceversa. Se invece di seguire soltanto le oscillazioni giornaliere, esaminate il movimento dei prezzi di mercato per un periodo di tempo più lungo, […] troverete che le oscillazioni dei prezzi di mercato, le loro deviazioni dai valori, i loro alti e bassi, si elidono e si compensano reciprocamente; cosicché se si fa astrazione dagli effetti dei monopoli e da alcune altre modificazioni che ora devo trascurare, ogni sorta di merce è venduta in media al suo valore, cioè al suo prezzo naturale. I periodi medi di tempo durante i quali le oscillazioni dei prezzi di mercato si compensano reciprocamente, sono diversi per le specie di merci, perché per una merce è più facile che per un’altra adattare l’offerta alla domanda”. K. Marx, Salario, prezzo e profitto, Editori Riuniti, Roma, 1966, pp. 65-66.

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