TRANSIZIONE ECOLOGICA O TRANSAZIONE ECONOMICA? – IL PROLETARIATO E LA QUESTIONE AMBIENTALE – II° parte

Da comunisti non ci sogniamo nemmeno di negare che il capitalismo è anche devastazione ambientale, lo sappiamo da più di 170 anni, da molto prima che qualcuno si svegliasse un mattino scoprendo l’ecologia e l’ambientalismo, ma non ci sogniamo neanche di blandire movimenti che sono ben caratterizzati dalla loro caratura riformista, quando non apertamente reazionaria. In quest’ultimo caso ci riferiamo in particolare a quelle versioni dell’ambientalismo che fanno del problema ecologico un problema di “popolazione eccedente rispetto alle risorse”, problema che prevederebbe come unica soluzione un riequilibrio della popolazione, da conseguirsi “come natura vuole”, ovvero attraverso la “sopravvivenza del più adatto”, che non morirà di fame al contrario dell’inadatto, oppure con l’adozione da parte dei Governi di programmi autoritari per il controllo delle nascite… degli altri, che sono sempre troppi. Un discorso molto pericoloso, che rievoca le ombre del malthusianesimo e del darwinismo sociale. Queste narrazioni, inoltre, ammantate di una pretesa scientificità che in realtà non è che l’interessato cinismo dell’opulenza, dipingono il cupo ritratto di una specie pervasa da un’incontrollabile brama di distruzione e di consumo che sarebbe ad essa connaturata, dove ovviamente per naturale deve leggersi ineluttabile. La versione 2.0 del pregiudizio religioso secondo il quale “l’Uomo è cattivo”.

I conti tornano, se è l’umanità in genere ad essere colpevolmente responsabile del disastro, allora nessuno in particolare lo è. E se nessuno è responsabile, contro chi lottare? Contro la nostra stessa natura immutabile? Contraddizioni insanabili dei neomalthusiani “green”, che coprono le vergogne della brama capitalistica di profitto con una foglia di fico, o di eucalipto australiano.

Quanto all’aspetto riformista dell’ambientalismo, invece, possiamo fare un rapido cenno alle tanto pubblicizzate proteste giovanili dei cosiddetti “Fridays for future” di Greta Thunberg, e persino a quelle tinteggiate di pseudo-radicalismo di “Extinction rebellion”, che fanno appello agli Stati e ai Governi, come se fossero delle entità super partes, come fossero mediatori degli interessi di una collettività indifferenziata che comprenderebbe sia industriali, finanzieri, banchieri, che operai, impiegati, ecc; come se questi Stati e Governi fossero mediatori ai quali si possa fare appello per “aggiustare il tiro”, per prendere misure che vadano a vantaggio del “tutto”, anche nel caso in cui una “parte” debba trarne un immediato svantaggio (siamo abbastanza sicuri di indovinare quale sarà la parte a trarne svantaggio). Ma i Governi sono i rappresentanti diretti, remunerati e riconosciuti, proprio degli industriali, delle banche, della finanza. Sono i rappresentanti della classe dominante. Se non si individuano le responsabilità storiche e sociali del disastro ambientale globale, si finisce, nel migliore dei casi, per appellarsi proprio a chi ne è responsabile, o a chi ne fa le servili veci, con risultati facilmente intuibili, intonando allo stesso tempo prediche illuministiche ad una maggiore “consapevolezza”, alla coscienza degli individui o alla para-religiosa virtù salvifica dei “piccoli gesti quotidiani”, che entusiasmano coloro che pensano che con il minimo sforzo individuale possano compiersi “grandi cose” o quantomeno… “salvarsi l’anima”.

Da comunisti non ci appiattiamo su un’ideologia “ambientalista” il cui ideale, in fin dei conti, è un celestiale giardino dell’Eden liberato dalla presenza nociva dei saccheggiatori di mele Adamo ed Eva, affinché possa goderne indisturbato il serpente tentatore… a rischio d’estinzione. Se siamo interessati, profondamente interessati, alla salvaguardia del nostro pianeta è perché ci opponiamo alla distruzione del corpo inorganico e organico della nostra specie. Riteniamo che un certo ambientalismo estremo incorra in alcuni errori ontologici di fondo: primo: partire da un punto di vista astratto, l’ambiente in sé, la natura in sé, intesa come realtà perfetta, immutabile, armonica. Secondo: Considerare la natura e l’uomo come entità distinte e contrapposte, un dualismo simile a quello che contrappone spirito e materia. Un dualismo fallace. La natura non è armonia, è creazione e distruzione. L’uomo è un ente naturale e lo è anche la sua azione vitale – che è azione sociale – persino nel caso in cui questa azione vada a lungo andare contro la sua stessa sopravvivenza. È la storia di tutti gli organismi del passato del nostro pianeta, i cui prodotti di scarto rendono ancora oggi la nostra vita possibile. Non esiste un ambiente in sé, esiste un’interazione tra l’organismo e gli elementi organici ed inorganici ad esso esterni nel corso del suo processo vitale, interazione che crea l’ambiente di questo o quell’organismo. A conti fatti, persino la distruzione del nostro pianeta potrebbe essere del tutto naturale. Il problema è… possiamo evitarla o dilazionarla grazie al fattore auto-consapevolezza che ci distingue dagli altri esseri viventi? Si. A patto di essere consapevoli dei fattori sociali che determinano l’agire della nostra specie e conseguentemente agire in conformità con questa consapevolezza.

La nostra specie è probabilmente, in tutta la storia del pianeta, l’organismo che ha modificato maggiormente e con più rapidità il mondo che ha trovato. Ma è anche una specie in grado di modificarlo intenzionalmente e a proprio vantaggio per ridurre gli inevitabili effetti nocivi del suo processo vitale, dovuti ai prodotti di scarto che risultano inevitabilmente da qualsiasi processo vitale. Ridurre questi effetti non ha altro senso che quello di sopravvivere più a lungo, dal momento che è assai improbabile che, anche come specie, si possa aspirare all’eternità. Questo è possibile solo a condizione che la nostra specie agisca unitariamente, in quanto specie appunto, liquidando tutto ciò che la divide, in classi, nazioni e altro. Ma attenzione, ciò che impedisce l’unificazione della nostra specie, indispensabile per affrontare i giganteschi compiti che la sopravvivenza impone ed imporrà, non è una qualche avida natura umana, è il presente sistema economico-sociale, è il capitalismo, e l’ideologia borghese, anche nella sua versione “ambientalista”, vuole a tutti i costi nascondere il nesso causale capitalismo-distruzione del pianeta e delle possibilità di esistenza della specie.

È accaduto, per quanto riguarda l’ideologia ambientalista, quello che accade per ogni “movimento” che mobiliti una certa quantità di persone e che mostri una qualche attitudine “protestataria”: gli annaspanti inseguitori di movimenti della variegata area dei soi disant “marxisti” ne sono rimasti ipnotizzati. Come non lasciarsi irretire da queste “masse” giovanili che protestavano contro i Governi ogni venerdì… con il permesso e con l’incoraggiamento dei Governi? Come non comprendere che il capitalismo sforna continuamente questioni che per questi profondi studiosi della “realtà concreta” assurgono regolarmente al rango di “contraddizioni fondamentali” del capitalismo – ad esempio al pari della contraddizione tra sviluppo delle forze produttive e rapporti di produzione, di quella tra lavoro salariato e capitale, ecc. – alle quali è necessario raccordarsi per mobilitare le masse contro il Moloch? Come non comprendere che altrettanto regolarmente queste “nuove” contraddizioni fondamentali scendono di livello e di importanza quando una “nuova” mobilitazione, più o meno di massa, balza agli onori delle cronache? Non è di per sé evidente ad esempio che in certe circostanze la questione nazionale può essere più importante della questione femminile? O che la questione femminile può essere più importante di quella ambientale? Ma certo. Altrettanto evidente è che la questione di classe, come Cenerentola, è sempre la meno importante rispetto a tutte le altre.

Davanti al prezzo che la classe operaia sarà immancabilmente chiamata a pagare per la cosiddetta “transizione ecologica” – a fronte di decenni di compressione salariale, di aumento dei carichi e dell’intensità di lavoro e di un peggioramento della sua posizione complessiva nei confronti del capitale – siamo curiosi di sapere cosa avranno da dire, a quei settori della classe che aspirano ad egemonizzare, i furbi strateghi “rivoluzionari”, che non distinguono il ramo borghese dalla foglia ambientalista e che pensano di diventare più accattivanti dipingendosi di verde, adeguando il proprio lessico alle esigenze del momento e raccogliendo i rifiuti lasciati dopo i loro comizi; che si illudono di dirigere quando si accodano, senza rendersi conto che l’unica cosa della quale saranno mosche cocchiere è lo scaricamento sulla classe operaia dei costi non della transizione ecologica ma della ristrutturazione industriale.

Noi non ci stiamo, e neanche la classe operaia.

Non possiamo rifilare al proletariato la solita predica che “il comunismo è l’unica soluzione possibile del problema”. È vero, ma non può bastare. Questa verità non avrà nessuna presa su chi sogna di armonizzare la natura con un sistema sociale che gli garantisce la sazietà e al quale non è minimamente disposto a rinunciare, o su quegli strati sociali i quali, spesso anche inconsapevolmente, non fanno altro che esprimere in termini più o meno idealistici l’esigenza di fruire di aria pulita, acque chiare e selve lussureggianti nelle proprie aree residenziali o in amene località di villeggiatura nelle quali spendere il proprio reddito. Nel frattempo non possiamo andare a chiedere agli operai di accettare di pagare i costi di una finta transizione, in termini di salari intaccati dal costo di energia e mezzi di trasporto, in termini di posti di lavoro persi per la dismissione di linee produttive obsolete, in termini di tasse sulle emissioni. Il tutto, in attesa della mobilitazione “rivoluzionaria” del variegato mondo ambientalista sotto le bandiere del millennio in cui il comunismo stabilirà finalmente un rapporto organico tra l’uomo e la natura.

Al capitale e ai suoi funzionari occorre rispondere: volete attuare la “vostra” transizione ecologica? – fingiamo per un istante di crederci – fate pure, ma i nostri salari non si toccano, i nostri posti di lavoro non si toccano. Aumentano i costi dell’energia e dei mezzi di trasporto? Vogliamo più salario. Volete varare nuove tasse “verdi”? Fate pure, ma vogliamo più salario. Difenderemo le nostre condizioni di vita con la consapevolezza e con l’organizzazione di classe, e vedremo se la vostra coscienza ecologica sarà tanto autentica da farvi mettere le mani nei vostri portafogli. Questa invalicabile linea di difesa di classe è l’unico argomento in grado di far comprendere concretamente che la responsabilità del disastro ambientale è del capitalismo. Non ci faremo distrarre da favolette innocue alla “Hansel & Greta”: la lotta contro il capitalismo deve essere condotta, qui e adesso, sulla base delle contraddizioni fondamentali e insanabili che lo attanagliano, da parte dell’unica classe in grado di spezzare veramente la ruota: il proletariato. Oggi dobbiamo batterci per non pagare due volte i conti della classe dominante. Solo così saremo in grado di presentarglieli noi domani, con tutti gli interessi maturati.

3 pensieri riguardo “TRANSIZIONE ECOLOGICA O TRANSAZIONE ECONOMICA? – IL PROLETARIATO E LA QUESTIONE AMBIENTALE – II° parte

  1. … a dimostrazione che le distinzioni di classe permangono anche di fronte a questo problema e che non esiste soluzione che prescinda dallo scioglimento di questo nodo.

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  2. Grazie del riscontro Michele. Il problema dell’aria inquinata, dell’avvelenamento alimentare, della prossimità a materiali tossici è inciso a lettere di sangue sulla pelle della classe operaia. Da sempre. Da qualche decennio però questo problema è uscito dalle fabbriche e dai quartieri industriali e ha cominciato a lambire con le sue onde viscose anche altri strati sociali,allarmandoli. Prima il problema era solo del proletariato, e tanto peggio per lui. Oggi è un problema “di tutti’, senza distinzioni di classe, ma a pagare per la sua falsa soluzione deve essere sempre il proletariato.

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  3. Ottimo articolo.
    Non c’è nulla di più disastroso dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, del consumo fisico della forza lavoro per valorizzare il capitale, ed e’ entro questa formazione economico-sociale capitalistica che si dispiega la distruzione organica e inorganica della specie umana (mi è piaciuto molto, tra l’altro, questo chiarimento sul concetto idealistico di ambiente che ha l’ambientalismo)
    Troppe le morti operaie, troppi gli operai con ridotte capacità lavorative riconosciute e non, troppi i morti per fame e malnutrizione nel pianeta b della nostra classe mondiale.
    Gli investimenti di capitali nei settori della c.d.”green economy” per rilanciare l’accumulazione capitalistica, alimenteranno ulteriormente queste contraddizioni sociali basate sullo sfruttamento operaio e sulla devastazione organica e inorganica.
    E l’argine rivendicativo di classe posto dall’articolo a queste tendenze del capitale mi convince assolutamente, con la chiara indicazione di difesa della condizione operaia su salario, ritmi e salute, evitando che gli operai, DOPO ESSERE STATI SPREMUTI E AVVELENATI, si facciano imbrigliare e coinvolgere da discorsi funzionali alle ristrutturazioni in atto, CHE PRODURRANNO MISERIA (RJDUZIONE DEL SALARIO REALE E LUCENZIAMENTI) NUOVE PIU’ INTENSIFICATE SPREMITURE DELLE MAESTRANZE CHE LAVORANO, E ULTERIORI E NUOVI DANNI ALLA LORO SALUTE.
    CREDO CHE SIA URGENTE TRA GLI OPERAI DISCUTERE DI QUESTO, COME UNIRSI PER DIFENDERSI.
    M.

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